Condannato a quattro anni e mezzo sospesi in favore di un trattamento stazionario il 21enne che accoltellò un passante a Mendrisio.
LUGANO - Fu un tentato omicidio intenzionale, ma per dolo eventuale, quello messo in atto lo scorso 27 ottobre in via Gismonda a Mendrisio da parte di un 21enne ticinese. Lo ha stabilito questo pomeriggio la Corte delle Assise criminali di Lugano.
Il giovane, lo ricordiamo, accoltellò un 25enne mentre tentava di rapinarlo, ferendolo gravemente e mettendolo in pericolo di vita.
Oggi, a sei mesi di distanza dai fatti, è stato condannato a quattro anni e mezzo di detenzione, sospesi però in favore di un trattamento stazionario per la cura della tossicodipendenza presso Villa Argentina.
«L'agire dell'imputato emerge in modo chiaro dai filmati agli atti», ha detto il giudice Amos Pagnamenta. «Si è avvicinato alla vittima con il coltello in tasca e durante la colluttazione ha sferrato un fendente in direzione del suo addome, colpendolo».
«Chiunque sa che in quel modo poteva uccidere» - Per quel che riguarda l'imputazione di tentato omicidio, messa in discussione dalla difesa, «non serve essere esperti di anatomia, chiunque sa che accoltellare una persona al cosiddetto "bersaglio grosso", ossia il torso, può causare ferite gravi così come il decesso». Il 21enne, inoltre, «ha un quoziente intellettivo nella media e ha fatto il militare, quindi non poteva che essere consapevole che con il suo agire poteva cagionare la morte del ragazzo».
«Il suo scopo primario era la rapina» - La Corte, d'altra parte, non ha giudicato pienamente convincente nemmeno la tesi della pubblica accusa, che riteneva adempiute le condizioni per il dolo diretto. «L'intenzione dell'imputato non era quella di uccidere il 25enne. Appare infatti evidente, considerato che subito dopo averlo colpito ha insistito di nuovo con la richiesta di denaro, che il suo scopo primario era mettere a segno la rapina».
«Ha colpito alla cieca» - Il 21enne non avrebbe inoltre mirato intenzionalmente a una parte vitale. «Ha colpito alla cieca, non volendo quindi uccidere, ma assumendosi il rischio di uccidere», ha sottolineato Pagnamenta. Per questo la Corte ha ritenuto realizzato il dolo eventuale.
A favore del ticinese è stata poi considerata la collaborazione fornita in corso di inchiesta. «Egli ha fin da subito espresso il suo rammarico per quanto fatto. Incide poi in modo massiccio, nella commisurazione della pena, la scemata imputabilità di grado medio rilevata dal perito psichiatrico».
Nel posto sbagliato al momento sbagliato - «Va detto, comunque, che l'imputato ha messo in pericolo di vita una persona che stava passeggiando tranquillamente in città e che ha semplicemente avuto la sfortuna di incontrarlo sulla sua strada», ha tenuto infine a evidenziare Pagnamenta. «E sia chiaro che se la misura stazionaria dovesse fallire verrebbe ripristinata la pena detentiva e lei tornerebbe in carcere», ha concluso rivolgendosi al giovane.
Durante il dibattimento di questa mattina, lo ricordiamo, la pubblica accusa aveva chiesto sei anni e mezzo di detenzione sospesi in favore di un trattamento stazionario. La difesa, invece, aveva spinto per il proscioglimento dall'imputazione di tentato omicidio e aveva proposto tre anni di detenzione sospesi in favore del trattamento.