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STEPHANIE BRENTA

Così la bella Lugano se n'è andata

Stephanie Brenta, una cittadina luganese di 97 anni
S.Brenta
Fonte Stephanie Brenta
Così la bella Lugano se n'è andata
Stephanie Brenta, una cittadina luganese di 97 anni

LUGANO - Arrivando da via Al Forte attraversavi il crocicchio e ti trovavi in Piazzetta della Posta e da lì fino in Piazza S.Antonio eri in contrada di Verla.

Avevi una scorciatoia per raggiungere via Pretorio, era un vicolo che costeggiava da una parte l'UBS e dall'altra le scuole comunali. Ma nessuno ci passava, perché davanti all'entrata dell'UBS troneggiava un vespasiano di metallo color verde scuro.

Quando tornai a Lugano negli anni '50 era stato rimpiazzato da un'edicola.

Era l'unica pecca di quel bel quartiere. Con un certo risolino ho saputo che proprio lì sopra hanno inaugurato una fontana. In quel posto lì.

Mi avvio: alla mia sinistra c'è il fianco della posta e poi la chiesa di S.Antonio, il bar Lugano e qualche negozio. Di fronte, dopo l'UBS, la gioielleria Luzzani e il mio "Gin Bianchi", poi il Palazzo Daminelli con il tea-room e il suo grande portico.

Attraversando via Pretorio ci troviamo davanti a una casa bellissima: al pianterreno, ad angolo, la cioccolateria Kaiser, con uno splendido portico che si congiunge a quello della Banca di Credito.

Le case sono decorate con cornici scolpite e balconi con bellissimi ferri battuti.

Sulla piazza passano i tram. Ci si conosceva tutti. Era un quartiere vivo e popoloso, il cuore di Lugano. Ci si salutava sorridendo, quattro chiacchiere, la spesa e via. Nel quartiere c'era la macelleria Facchinetti. I mariti andavano volentieri lì con la moglie a comprare la carne, per poter sbirciare la bellissima signora Facchinetti dietro la cassa. Ognuno sapeva o credeva di sapere tutto di tutti.

Ma meglio così che il freddo anonimato di oggi.

In piazza c'è la mia bella fontana, d'inverno di fianco c'è sempre quello che ci vende le caldarroste. All'angolo l'albergo Ottaviani, diventato poi Hotel Dante, e tanti bar e tanti ritrovi.

Di fronte imbocchiamo via Peri, la salita Chiattone, in memoria di due grandi artisti. Subito a destra troviamo il "Venezia", che i luganesi chiamavano il Conventino, ritrovo amato da tutti: ristorante, osteria, gioco delle bocce esistente da metà dell'Ottocento.

Era un'ala dell'antichissimo convento di Santa Caterina, con uno stupendo loggiato e meravigliosi soffitti a volta. E nonostante il valore artistico e le proteste fu demolito per far posto al banale ristorante di un grande magazzino. Così la bella Lugano se n'è andata.

In fondo a via Peri, a sinistra, c'è una strana costruzione dallo stile indefinito: è il cinema Odeon. Di fronte lo stupendo edificio in marmo bianco con colonne corinzie i cui giardini salgono fino al piazzale che porta alla cattedrale di San Lorenzo: era l'Istituto Sant'anna, diretto dalle suore di Menzingen. Quell'anno mi ci trovai dentro, interna.

Era un istituto esclusivo, solo ragazze di famiglie agiate ben vestite. Per fortuna c'era il grembiule nero obbligatorio. Suore severissime, disciplina, silenzio, studio duro, visto che gli esami di fine anno si sarebbero svolti al Liceo pubblico e dovevamo primeggiare.

La retta veniva pagata dall'assicurazione studi fatta tanti anni prima da mio padre. Ricordo le grandi scalinate di marmo bianco, i dormitori con i letti nascosti da tende che li circondavano, i refettori silenziosi, la ricreazione disciplinata, ma s'imparava moltissimo.

C'erano però delle regole. Subito dopo il pranzo, con le nostre divise blu e il cappellino a visiera con lo stemma d'oro del collegio, la testa bassa in fila per 2, una suora davanti e una dietro si faceva la passeggiata.

Eravamo un serpentone blu che per mezz'ora invadeva le strade deserte della contrada di Verla che pranzava.

Ricordo anche il Natale, c'era già la guerra, con il freddo, il razionamento e le restrizioni. Il collegio è vuoto, tutte le mie compagne sono andate a casa. Io mi vedo in quell'enorme refettorio gelido, il solo colore tra quel marmo bianco e il freddo e il mio regalo di Natale: un mandarino e due spagnolette.

Poi la messa di mezzanotte. Canto forte la bella liturgia natalizia e poi su in dormitorio: è deserto, letti bianchi allineati vuoti. Chiudo le tende con l'illusione di non essere sola.

E poi, improvvisamente, come ogni notte, mi sveglia l'altoparlante del cinema Odeon. La reclame urla: "La marca Cafè Tabor è la migliore".

La vita continua, anche se c'è la guerra.

L'Istituto Sant'Anna e il Cinema Odeon furono demoliti, ma perché? Lì sorse la banca del Sempione, con davanti la scultura in bronzo degli astati di Nag Arnoldi.

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