Tra prudenza clinica, costi e carenze sistemiche, la gestione delle donazioni è sotto accusa. Il caso desta preoccupazione anche fuori dai confini
ZURIGO - In Svizzera, la situazione relativa ai trapianti di fegato sta destando forte preoccupazione. Nonostante vi sia disponibilità di organi donati, molti non vengono utilizzati, e nel frattempo decine di pazienti in lista d’attesa muoiono. Nel 2023, 491 persone erano in attesa di un trapianto di fegato, ma solo 133 sono stati effettivamente eseguiti. Ben 36 pazienti sono morti mentre aspettavano un organo compatibile.
Secondo un’inchiesta della NZZ am Sonntag, vi sarebbero più fegati disponibili di quanti se ne usino effettivamente. Alcuni organi donati, pur ritenuti potenzialmente idonei, vengono rifiutati dai centri svizzeri senza essere valutati in loco. In alcuni casi, questi stessi organi vengono poi accettati da medici stranieri – soprattutto italiani – che li trapiantano con successo. Addirittura, negli ultimi due anni venti fegati svizzeri sono stati esportati all’estero, nonostante vi fossero pazienti compatibili sul territorio nazionale.
Un serio problema svizzero - Franz Immer, direttore della fondazione Swisstransplant, che coordina trapianti e donazioni per conto della Confederazione, ammette l’esistenza di un serio problema: la Svizzera, un tempo leader europeo nella percentuale di utilizzo degli organi, oggi è scesa sotto la media. Immer spiega che i centri svizzeri sono diventati molto più prudenti, soprattutto nei confronti di fegati provenienti da donatori deceduti per arresto cardiaco anziché per morte cerebrale, poiché i risultati clinici sono stati talvolta insoddisfacenti. Questa cautela si è però estesa anche ai fegati considerati standard, con un calo generale della percentuale di utilizzo.
A contribuire a questo calo è anche il contesto economico e organizzativo: la valutazione e il prelievo degli organi richiedono molte risorse, e le assicurazioni coprono completamente i costi solo se l’organo viene effettivamente trapiantato. Di conseguenza, alcuni centri rinunciano in anticipo a valutare organi non perfetti, riducendo ulteriormente le possibilità per i pazienti.
Il caso svizzero attira l’attenzione anche all’estero - Il professor Peter Lodge, presidente della European Surgical Association e uno dei più rinomati chirurghi epatici al mondo, definisce la situazione «molto preoccupante» e afferma che non è accettabile esportare organi quando esistono pazienti in lista d’attesa nel proprio Paese. Anche Immer riconosce che ogni organo donato avrebbe potuto essere assegnato a un paziente svizzero.
Tra gli episodi più significativi, vi è il caso di fegati donati da persone anziane che sono stati rifiutati da tutti i centri svizzeri, ma successivamente valutati positivamente da équipe italiane, che si sono recate in Svizzera per esaminarli e trapiantarli. Sebbene non si abbiano dati precisi sui risultati clinici ottenuti in Italia, si riconosce che i chirurghi epatici italiani sono altamente qualificati.
Persino le dinamiche interne agli ospedali svizzeri hanno avuto un impatto sulla situazione. L’Ospedale universitario di Zurigo, un tempo centro di riferimento internazionale per i trapianti di fegato non ottimali, ha perso nel 2023 due figure chiave: Pierre-Alain Clavien e Philipp Dutkowski, rispettivamente direttore della chirurgia generale e capo del programma di trapianti epatici. Entrambi hanno lasciato l’istituto e oggi lavorano in ospedali che non sono autorizzati a eseguire trapianti di fegato.
Maggiore selettività - L’Ospedale universitario di Zurigo (uno dei tre centri autorizzati per i trapianti epatici insieme all’Inselspital di Berna e agli Hôpitaux Universitaires di Ginevra) afferma di avere ancora specialisti esperti, ma conferma che il cambiamento nella qualità degli organi – soprattutto legato all’età avanzata dei donatori – ha portato a una maggiore selettività. L’Inselspital di Berna non ha commentato. L’Ospedale universitario di Ginevra difende il proprio approccio prudente, sottolineando che porta a risultati eccellenti, a differenza di una «accettazione indiscriminata» degli organi.
Alla base di tutto rimane un dato preoccupante: 36 persone sono morte in Svizzera nel 2023 in attesa di un trapianto di fegato. Non si può stabilire con certezza se queste morti siano direttamente legate alla ridotta disponibilità di trapianti, poiché entrano in gioco molte variabili. Non è nemmeno chiaro se la maggiore selezione porti a migliori esiti clinici nei trapianti effettuati, perché mancano dati concreti.
Franz Immer individua la via d’uscita nel progresso tecnologico. L’obiettivo di Swisstransplant è introdurre in tutta la Svizzera una nuova tecnica di prelievo, già utilizzata con successo a Ginevra, che potrebbe aumentare sensibilmente il tasso di utilizzo degli organi. Attualmente, si lavora per garantirne il finanziamento.