Cerca e trova immobili
CANTONE

Paola Nurnberg: «Pronti con la vertenza. Ecco cosa ho subito»

Lo sfogo dell'ex giornalista Rsi licenziata per un tweet: «Ho ricevuto molestie. Sognavo una carriera da inviata»
X_PaolaNurnberg
Paola Nurnberg: «Pronti con la vertenza. Ecco cosa ho subito»
Lo sfogo dell'ex giornalista Rsi licenziata per un tweet: «Ho ricevuto molestie. Sognavo una carriera da inviata»

LUGANO - In tutta la vicenda che recentemente l'ha vista coinvolta, Paola Nurnberg - l'ormai ex giornalista Rsi licenziata ufficialmente per un post su Twitter - aveva scelto una posizione abbastanza defilata. Nell’aria c'era il sentore, però, che vi fosse la volontà di non far finire nel dimenticatoio la questione. E non solo perché il caso, nel frattempo, è approdato a Strasburgo.

Dallo scioglimento del contratto, infatti, si è messa in moto la macchina legale che, coadiuvata dal sindacato Unia, sta imbastendo una vertenza contro quello che viene ritenuto un licenziamento abusivo. 

Paola Nurnberg, insomma, è pronta a dare battaglia. E a togliersi anche qualche sassolino dalla scarpa, come lei stessa ammette. Anche perché, da novembre a oggi, la sua situazione è rimasta immutata. 

«Sono disoccupata. Da italiana tra l’altro - ci spiega al telefono -. Proprio ora arrivo dagli uffici dell'Inps per avere la NAspl, l'indennità mensile di disoccupazione. Sono fortunata, mi spetta il massimo: 1400 euro lordi. Qualcuno dirà: "È finita la pacchia"». 

Perché vi muovete adesso?
«Ci è voluto il tempo per le dovute valutazioni. Nel frattempo ho maturato il desiderio di dire come sono andate le cose. Io sono stata licenziata per quel tweet, è vero, ma del perché già da qualche anno non fossi più in televisione nessuno ha parlato». 

Che ci fosse un pregresso era già stato anticipato sia da Unia, sia dall’Atg. Non è mai stato spiegato cosa. Adesso possiamo dirlo: a fine 2019 hai subito delle molestie sessuali.
«Esatto, denunciate internamente. L’azienda ha portato avanti una procedura per accertare un’eventuale lesione della personalità. È stato stabilito, e messo nero su bianco, che ho subito da parte di un dirigente RSI una molestia sessuale. Però la direzione, in un comunicato alla redazione del TG, ha riferito esclusivamente di “un episodio specifico di lesione dell’integrità della persona, circoscritto e chiaramente identificato, puntualmente sanzionato”. Scomparsa la molestia sessuale…». 

Se posso, cosa è avvenuto di preciso?
«È stata pronunciata una frase, davanti a testimoni, totalmente fuori contesto. In modo del tutto estemporaneo mi è stato detto: “Ma tu scopi? Ma è vero che scopi con un pilota? Stasera ti fai una scopatina?”. E non eravamo ubriachi alla festa di Natale. Tra l’altro ci tengo a precisare che la mia vita personale è sempre stata tenuta fuori dal luogo di lavoro. Niente giustificava quelle parole».

Cosa hai provato in quel momento?
«Mi è caduto il mondo addosso. Mi sono chiesta cosa stesse accadendo e perché. Dopodiché mi sono allontanata. Questa cosa si è ripetuta a distanza di qualche giorno, sempre davanti ad altri. L’umiliazione è stata troppo grande, anche perché con questa persona erano anni che non andavo d’accordo, che non mi sentivo apprezzata. Ma essendo un dirigente era colui che poteva decidere del mio futuro professionale».

Il conflitto aveva radici ancora più profonde, quindi.
«Per anni ho tentato, tramite concorsi interni, di ottenere un posto come corrispondente a Bruxelles, Washington, Roma. Mai vinti. Mai una promozione. Sceglievano sempre altri candidati, nonostante tutta l’esperienza e il lavoro svolto. In Rsi non c’è una graduatoria, un punteggio che ti faccia capire chi è arrivato davanti a te e perché. Intanto in quell’azienda io ho investito quasi 16 anni della mia vita, facendo il mio lavoro con serietà e portando anche diversi scoop. Senza mai un brava, un grazie».

Hai avuto nel frattempo occasioni alle quali hai rinunciato?
«Diverse porte che si sono aperte… e non si apriranno più. Una tv nazionale italiana, nel 2016, mi aveva anche offerto un posto all’estero. Ma avevo rinunciato, ancora convinta di avere buone chance in azienda». 

Stavi antipatica a qualcuno.
«È chiaro anche a chi. Ma va benissimo. Il mondo è pieno di gente antipatica. C’è chi ha il timbro di voce fastidioso, chi ha un profumo terribile. Può essere antipatico il paziente che hai sul tavolo operatorio. Ma non per questo lo lasci morire. Un buon dirigente è in grado di separare le questioni personali da quelle professionali». 

Non hai reagito immediatamente nel momento delle molestie.
«Avrei dovuto denunciarlo, c'erano gli estremi, ma mi ha travolta in un momento in cui la mia figura era già rimpicciolita. In quel momento ho percepito un profondo odio verso una donna di 48 anni, una professionista con l’ambizione di fare la corrispondente o l’inviata di guerra». 

Nel frattempo l’indagine interna andava avanti.
«Non esattamente. Dalle risorse umane a un certo punto mi viene chiesto cosa intendessi fare, se volessi procedere facendo partire questa indagine interna o se potessi ritenermi soddisfatta delle scuse. Dovevo essere io a decidere, nonostante il dirigente in questione fosse reo confesso e vi fossero dei testimoni. Mi è sembrato un approccio quasi intimidatorio, ma mi sono fatta forza e ho deciso di andare avanti, denunciando anche una situazione di mobbing».

Come è finita?
«L’indagine è stata condotta da un’avvocata pagata dall’azienda, che ha scelto di non prendere in considerazione le testimonianze anonime. Quelle che, guarda caso, segnalavano situazioni simili alla mia. Alla fine questa avvocata ha ritenuto che non vi fossero stati comportamenti di mobbing nei miei confronti». 

Ciò nonostante l’hai spuntata.
«Sì, le molestie sessuali sono state confermate. Ma ci ho ricavato un trasferimento in radio contro la mia volontà. Da allora, nonostante le mie richieste, mi è stato impedito di fare televisione anche in occasioni uniche come le trasferte in Ucraina, Gaza, Iraq, in cui avrei potuto con un’unica spesa coprire radio, tv e web. Opportunità che ad altri, invece, è stata concessa». 

Intanto passava il tempo, fino a quel famoso tweet. La lettera di licenziamento che ho qui davanti parla di “danno d’immagine” oltre che di “violazione dei doveri professionali tale da compromettere il rapporto di fiducia” con l’azienda.
«Ho sicuramente sbagliato il modo e il tempo, e l’ho ammesso sin da subito. Tuttavia, nonostante l’abbia chiesto espressamente e immediatamente dopo il post, non mi è stato nemmeno permesso di chiedere pubblicamente scusa. Quanto al danno d’immagine… A parte il rimbrotto sui social di Piero Marchesi, a me non sembra che quello che ho scritto abbia avuto questa eco. Ha avuto molta più risonanza il mio licenziamento, basti vedere la moltitudine di messaggi di solidarietà ricevuti in questi mesi. Se poi vogliamo andare a ben vedere, ci sono colleghi che sui social si sono espressi in termini ben peggiori e nessuno gli ha mai detto nulla. C’è persino chi ha dato della merda a Salvini». 

Adesso cosa ti aspetti?
«Non credo che otterrò grandi cose, mi basta una vittoria morale. Vorrei che venisse riconosciuto l’ingiusto licenziamento. Spero porti a una riflessione profonda sulla libertà di espressione dei giornalisti che, sempre più, si vedono privati del diritto di critica. Il quesito che io ho posto nel mio tweet, a ben vedere, è lo stesso che si può trovare su tanti libri di sociologia politica. È anche un po’ banalotto tutto sommato, ma mai come adesso si sta rivelando attuale».

Il tweet incriminato (datato 24 settembre 2023)

“Il pensiero della destra (non solo in Italia) attecchisce perché non elaborato. È semplice, è di pancia, fa credere alla gente di essere nel giusto e di non avere pregiudizi, Concima, insomma, l’ignoranza. Sta alle singole persone scegliere se evolvere, emanciparsi, oppure no”.

Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
Naviga su tio.ch senza pubblicità Prova TioABO per 7 giorni.
NOTIZIE PIÙ LETTE
OSZAR »