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Osaka 2025: un’esposizione che unisce cultura e innovazione

Diario di viaggio tra quartieri storici, templi millenari, innovazione e gastronomia (seconda parte)
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Innovazione, architettura e sostenibilità
Osaka 2025: un’esposizione che unisce cultura e innovazione

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Diario di viaggio tra quartieri storici, templi millenari, innovazione e gastronomia (seconda parte)

OSAKA - Dopo aver visitato le esposizioni universali di Milano e Dubai, non potevo certo farmi sfuggire la nuova edizione dell’Expo, che si tiene quest’anno a Osaka in Giappone. L'Expo, che si svolge ogni cinque anni, è sempre una finestra privilegiata sul futuro dell’umanità e sull’incontro tra le diverse culture. Quella giapponese, però, ha un fascino particolare: una cultura millenaria che è riuscita a mantenere intatti i suoi valori tradizionali, ma che si proietta con grande entusiasmo verso l’innovazione. Il tema di questa esposizione, «Designing Future Society for Our Lives» («Progettare la società futura per le nostre vite»), invitava a riflettere su come la tecnologia e l'innovazione possano migliorare la qualità della vita delle persone in un mondo in continua evoluzione.


La visita a Osaka è stata per me un’occasione unica per scoprire come il Giappone interpreti il concetto di esposizione universale, mescolando la sua tradizione con le sfide del futuro. Non è la prima volta che partecipo a un’esposizione di questa portata: avevo già visto da vicino quelle di Milano e Dubai. Ma Osaka ha qualcosa di speciale. Qui l'innovazione si sposa perfettamente con la cultura millenaria, e le tradizioni più radicate sembrano poter convivere senza difficoltà con la modernità tecnologica.

Durante il mio soggiorno, ho avuto il privilegio di incontrare due protagonisti italiani che, con il loro lavoro, hanno contribuito in maniera decisiva alla riuscita dell’Expo 2025: Paolo Lunardi, responsabile di Svizzera Turismo in Giappone, e Manuel Salchli, commissionario del Padiglione Svizzero. Ho avuto modo di dialogare con loro su temi legati alla cultura giapponese, le difficoltà professionali e le emozioni personali, che ho deciso di raccontare qui, come continuazione del mio reportage.

Ho incontrato Paolo Lunardi a Tokyo, nel cuore pulsante della capitale giapponese. Paolo vive in Giappone da anni, ma la sua esperienza, prima negli Stati Uniti e ora in Giappone, ha portato con sé una serie di sfide culturali e professionali. La sua visione sulla cultura giapponese è affascinante, ma anche piena di difficoltà, che emergono durante la conversazione. «Dopo 8 anni negli Stati Uniti, ritrovarmi in Giappone è stata una grande sfida», mi racconta Paolo mentre sorseggia una tazza di tè verde. «La cultura giapponese è totalmente diversa da quella americana. Qui non si dice mai di no, e questo rende molto difficile lavorare in team. In Occidente, siamo abituati ad affrontare i conflitti apertamente e a discutere le differenze di opinione. In Giappone, invece, tutto deve sembrare sempre perfetto, e la cortesia è fondamentale»,

Le difficoltà linguistiche, poi, sono un altro aspetto non trascurabile. Paolo spiega che, pur parlando giapponese, la lingua rappresenta un ostacolo, soprattutto nelle situazioni più informali e nelle interazioni quotidiane, dove la comunicazione non verbale è altrettanto importante quanto le parole. «La barriera linguistica rende la comunicazione difficile sia nel lavoro che nella vita privata. Non è solo questione di grammatica, ma anche di capire i sottintesi e le sfumature del giapponese».

Nonostante queste difficoltà, Paolo ha imparato ad amare il Giappone. «Ho sciato sulle piste dove gli alberi sembrano mostri, ed è stato bellissimo. Il Giappone è un paese incredibile, tutto da scoprire. La sua natura è affascinante, così come la sua gente». Paolo, infatti, ha notato con interesse l’amore profondo dei giapponesi per la Svizzera, che considerano il paese di Heidi come un simbolo di purezza e serenità. «Gli abitanti di questo paese amano la Svizzera, e questo è qualcosa che non posso fare a meno di apprezzare. Ci sono molte similitudini tra la nostra cultura e quella giapponese, soprattutto nell’attenzione per i dettagli e nella cura che dedicano a tutto ciò che fanno».

Il mio incontro con Manuel Salchli, il commissario del Padiglione Svizzero, si è svolto in un ambiente completamente diverso: al Bar Heidi di Osaka. Il locale, che si ispira al famoso personaggio di Johanna Spyri, è una vera e propria oasi di Svizzera nel cuore del Giappone. Manuel, dopo anni di esperienza nelle esposizioni internazionali, mi ha raccontato le difficoltà e le soddisfazioni legate alla realizzazione del padiglione svizzero.

«La creazione del padiglione è stata una vera sfida», afferma Manuel con un sorriso. «Abbiamo lavorato con fornitori turchi e giapponesi, e come sempre in questi casi, il lavoro è andato avanti fino all'ultimo minuto. Ma alla fine, la collaborazione è stata perfetta. Il risultato è stato più che soddisfacente». Il concetto del padiglione elvetico si basa su una riflessione sull'innovazione sostenibile, un tema molto caro alla Svizzera. «Volevamo mostrare come la Svizzera affronta le sfide del futuro, mantenendo sempre un occhio attento alla sostenibilità e alla qualità della vita»,

Le reazioni del pubblico, secondo Manuel, sono state estremamente positive. «Abbiamo ricevuto molti complimenti per il nostro padiglione. La gente era affascinata dalla semplicità del design, che rispecchia la nostra cultura, ma anche dalla nostra visione per un futuro più sostenibile».

A questo punto, la conversazione si è spostata verso il futuro. Manuel, che ha dedicato gran parte della sua carriera alla realizzazione di padiglioni per esposizioni universali, si prepara ad andare in pensione. «La prossima esposizione, che si terrà a Riad tra cinque anni, sarà la mia ultima. Prima, nel 2027, si terrà quella ridotta a Belgrado. Ma per ora, mi concentro su questo bellissimo progetto, che è il frutto di anni di lavoro».

Durante la mia visita all'Expo, ho avuto la possibilità di esplorare diversi padiglioni che mi hanno colpito in modo particolare. Oltre alla bellezza e all'innovazione del padiglione svizzero, ho visitato anche l’Italia, che mi ha sorpreso con l’esposizione di un Caravaggio originale, una testimonianza straordinaria del nostro patrimonio culturale. Ho poi visitato il padiglione del Kuwait, moderno e affascinante, con un design che rappresenta perfettamente la tradizione e il progresso. Il padiglione della Francia, sebbene molto focalizzato sul product placing, è stato interessante per la sua capacità di miscelare cultura e marketing. Il Belgio mi ha impressionato con un focus sulle competenze mediche, un aspetto stimolante che ho trovato molto innovativo. Il padiglione della Germania è stato molto didattico, utilizzando un pupazzo multimediale per spiegare concetti complessi in modo coinvolgente. Infine, l'Azerbaigian mi ha colpito con un’esposizione ricca di storia e tecnologia, raccontando il paese con un approccio innovativo e artistico.

L’Expo 2025 di Osaka è stata una vera e propria celebrazione dell’innovazione, ma anche un’opportunità per riflettere sul nostro passato e su come le diverse culture possano convivere nel futuro. Il Giappone, con la sua ricchezza culturale e la sua continua spinta verso l’innovazione, ha offerto un’esperienza indimenticabile che arricchirà sicuramente il mio bagaglio di ricordi e di insegnamenti.

Arrigato gozaimasu, Giappone. Il futuro è più vicino di quanto pensiamo!

Il precedente articolo di questo reportage è stato pubblicato il 26 maggio 2025.

Il viaggio prosegue nei prossimi giorni verso altre città e paesaggi, come Kyoto, Nara, Takayama, Nagano e Monte Fuji. Seguitemi!

Testo a cura di Claudio Rossetti


Questo articolo è stato realizzato da Progetti Rossetti, non fa parte del contenuto redazionale.
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