La capo area Infermieristica dell’EOC propone soluzioni per rendere la professione più attrattiva: dalle vacanze ai turni, dal congedo maternità al tempo libero
LUGANO - La figura dell'infermiere sembra essere in via d'estinzione. L'invecchiamento della popolazione accompagnato da un aumento della complessità assistenziale e della difficile conciliazione con la vita privata rende questa professione sempre meno attrattiva. A Berna si lavora per elaborare una legge che tuteli i professionisti della salute evitandone la dispersione e di conseguenza una crisi del settore. Ma cosa occorre per cambiare rotta? «Innanzitutto - spiega Annette Biegger, capo area Infermieristica dell'Ente ospedaliero cantonale (EOC) - è importante riconoscere l’impegno del personale sanitario, attivo su turni 24 ore su 24, sette giorni su sette, inclusi i festivi. Questo ritmo lavorativo ha un forte impatto sulla vita delle persone, rendendo fondamentale favorire l’equilibrio tra lavoro e vita privata».
Dal resoconto del 2024 è emerso che il turnover di infermieri è molto basso all’EOC, inferiore al 5% annuo. Qual è la vostra strategia?
«Dobbiamo facilitare i nostri infermieri. Oltre a ciò è essenziale valorizzare sia la figura dell'infermiere sia dei team curanti, dando visibilità, sostenendoli, anche perché siamo in un periodo di cambiamento, tra cui lo spostamento delle cure verso l’ambito ambulatoriale. Sono situazioni che hanno un impatto importante sulla professione. In qualità di azienda stiamo dando importanza a tutti questi aspetti».
Nel concreto?
«Abbiamo messo in atto un modello professionale infermieristico, elaborato proprio con gli infermieri stessi e con i pazienti, che mette in risalto la figura lavorativa. Da non sottovalutare, l’aspetto della crescita professionale: permettiamo ai nostri infermieri e al nostro personale curante di crescere. È importante sia per il professionista sia per la persona assistita. Disponiamo di corsi a cui possono aderire negli ambiti di gestione clinica, formazione o ricerca. Questo aiuta molto a evitare la dispersione professionale».
Uno dei punti su cui il secondo pacchetto di legge sulle professioni sanitarie punta è la questione del monte ore lavorativo. A quanto ammonta per gli infermieri dell’EOC?
«I nostri contratti prevedono già 40 ore settimanali. Con l’ultimo rinnovo abbiamo cercato di migliorare anche l’aspetto della conciliabilità vita privata-lavoro, aumentando le settimane di vacanza da quattro a cinque, portando il congedo maternità a 19 settimane e prolungando quello paternità a 15 giorni. Stiamo inoltre rivendendo tutto quel che concerne la turnistica sperimentando dei modelli che possano andare incontro ai dipendenti e alle esigenze di un settore che richiede una disponibilità di 24 ore su 24».
In generale che cosa si può fare per valorizzare la professione?
«Oltre alle condizioni contrattuali si deve valorizzare la figura all’interno delle strutture e a livello interprofessionale. Dunque conferirle il suo ambito di autonomia nel quale poter agire, un aspetto importante per permettere a chi si avvicina a questa realtà la bellezza della professione».
Come incentivare l'adesione da parte dei giovani evitando l'abbandono?
«Dare visibilità della bellezza di questa professione, in quanto è un’attività che può fare davvero la differenza. Si deve poi consentire ai giovani di entrare in contatto con le professioni sanitarie, aprendo le porte degli ospedali ad esempio. Noi lo abbiamo fatto ed è stato molto apprezzato. Il terzo aspetto riguarda la volontà di trattenere gli infermieri, e questo può avvenire solo con la valorizzazione della professione».
Aumenta l'età delle persone da assistere e di conseguenza il fabbisogno di infermieri. All’estero si lamenta già una carenza: c'è chi ad esempio ricorre a reclutamenti in Paesi terzi. Come siamo messi in Ticino?
«Nel nostro cantone la situazione è sui generis. In generale formiamo il personale di cui abbiamo bisogno che poi rimane sul territorio. Attualmente dunque la carenza non è ancora altissima, soprattutto in ambito acuto, ma ci sono alcuni ambiti da tenere sotto osservazione come le case anziani e il settore delle cure a domicilio».
La tassa sulla salute di cui tanto si discute in Italia spaventa il settore?
«Lo stato d’animo varia da istituzione a istituzione in base a quanto ci si appoggia al personale che arriva dall’estero. Il piano d'azione cantonale punta proprio ad avere più personale domiciliato possibile, proprio per tutte le situazioni che abbiamo. È anche una questione di rispetto verso l’Italia, dove il personale è carente. Durante la pandemia abbiamo visto che le frontiere possono rappresentare un ostacolo».